Indice
Il cloud e la sovranità digitale
Introduzione
Questo articolo è un pò una provocazione ed un pò una constatazione di come la dirigenza aziendale considera il supporto informatico.
La capacità di spesa è spesso nelle mani di persone non qualificate o non sufficientemente supportate per poter fare scelte strategiche nel campo dei sistemi informatici ed informativi.
Già questa frase a tanti suonerà stonata e c’è chi penserà “cosa vuoi che ci voglia a comprare dei computer”. È vero non ci vuole molto, peccato che non si considerino tutte le variabili in gioco.
Proverò ad illustrare qualche elemento per chiarire la posizione che sosteniamo in ITServicenet da anni.
Scelte poco lungimiranti
La percezione che si ha della tecnologia (lato informatico) è quella di una mera spesa. Il supporto informatico non è ritenuto un investimento a lungo termine.
Com’è possibile pensare che pagare dei servizi di terze parti, e prevalentemente con origini e gestione oltre oceano sia una scelta competitiva e magari addirittura innovativa a lungo termine?
Acquistare il servizio di terze parti non produce innovazione, non stimola mercato interno e non favorisce il benessere europeo o nazionale, ma serve ad arricchire solo i terzi che alla fine dominano i nostri dati e le nostre scelte.
L’acquisto di un servizio esterno può essere considerato un acceleratore per collaudare e testare nuove soluzioni o anche appoggiare una parte delle attività aziendali, ma va fatto con consapevolezza.
Purtroppo questa abitudine dell’acquistare servizi e non pensare alle conseguenze ci ha fatto perdere un pò di vista l’obiettivo finale.
Un esempio
Oggi il nostro quotidiano è permeato di servizi che ci inseguono ovunque grazie al “telefonino”.
Sì il telefonino, pur nella sua accezione descrittiva da boomer, non è più il telefono come è stato concepito negli anni 80 ma una protesi tecnologica da cui dipendiamo.
Questo dispositivo si è trasformato da anni in uno smartphone, è un sistema informatico complesso e come tale andrebbe trattato, non più come un telefonino delle origini.
La funzionalità peculiare ed originaria, come tutti sappiamo, era appunto poter telefonare e memorizzare qualche numero. Oggi il 90% delle sue funzioni non sono legate alla telefonata e per di più le nuove generazioni, i nativi digitali, i nostri figli, operano su di esso come se fosse un elemento necessario, vitale, ormai imprescindibile!
Il loro utilizzo quotidiano scatena sistemi che tracciano, raccolgono dati e “vestono” le abitudini personali, che poi saranno anche aziendali e della propria vita inconsciamente.
Così come il telefonino ha creato una dipendenza personale, il cloud ha creato una dipendenza aziendale, sociale, economica e geopolitica.
Già rendersi conto di questo significa anche ragionare su questo mercato in ottica differente.
Un altro esempio
Il sistema informatico non è stato mai come oggi così essenziale.
Al tavolo delle decisioni si stanziano capitali per la produzione industriale e tipicamente si discute dell’assunzione del personale e dell’implementazione di risorse, è qui che si decide il destino aziendale e dunque è necessario essere consapevoli che scegliere strumenti tecnologici al posto di altri è una chiave di volta molto importante.
Non è più accettabile ad esempio, vedere aziende che acquistano ad occhi chiusi il pacchetto di editing e comunicazione “classico” a 365 gradi (il 365 non è un numero a caso) senza porsi le domande su cosa implichi, quali sono le regole dettate da tale soluzione, quale è la exit strategy e come tutelo la privacy o peggio i miei dati aziendali di business.
Aggiungo che a gettar benzina sul fuoco sono i colleghi, che pur di non perdere tempo a spiegare la situazione ed offrire alternative propongono direttamente questi servizi regalando di fatto i clienti al loro competitor: il “cloud”.
Non si disquisisce qui sulla bontà dello strumento, ma sulla consapevolezza dell’adozione dello stesso, che va vista in chiave più ampia.
Nuovi regolamenti aiutano?
Fortunatamente adesso alcune regolamentazioni stanno entrando in vigore per svegliare le menti assopite di chi può fare le scelte, vedi NIS2 e GDPR (ancora oggi trascurato), ma non bastano le imposizioni dall’alto.
Non dobbiamo aspettare che qualcuno ci imponga leggi ma dobbiamo noi imporle de facto per renderci la vita più semplice.
Fare una scelta tecnologica consapevole è un investimento. Informare e formare le persone è un investimento.
Questa è la via per la libertà di scelta, per lo stimolo e la competitività.
Acquistare uno strumento perché si crede sia l’unico modo per essere player in quel settore è già una sconfitta in partenza.
Non è possibile pensare di gareggiare in formula 1 quando le autovetture sono tutte dello stesso produttore.
Infatti vi trovereste a utilizzare una autovettura che per come ve l’hanno venduta sembra essere la miglior soluzione, ma tutti sanno usarla e tutti vanno veloci allo stesso modo.
Poche eccezione permettono di primeggiare, magari pagando il costruttore per avere quello che gli altri non hanno o magari trovando il pilota un pò più arzillo (freelance che guarda fuori dagli schemi).
Tuttavia è ben diverso sapere come funziona tale autovettura e crearsi la propria per competere, magari trovando soluzioni innovative che sbaragliano l’avversario.
Questa è la vera competitività che ci siamo scordati e che permeava il mondo pre internet e scusate caratterizzava anche l’artigianato e la manifattura italiane.
Se tutta la nostra tecnologia, e peggio ancora l’industria italiana ed europea deve dipendere da strumenti informatici prestabiliti da terzi, difficilmente potremo fare scelte radicali, o essere sicuri che sia veramente il meglio per noi..
..e che siamo veramente noi a fare le scelte!
Questo dovrebbe sempre essere tenuto in considerazione prima di fare acquisti incauti, anche se economicamente allettanti.
E si dovrebbe ricordare che: il solo risparmiare nell’informatica NON è MAI vincente.
Aziende italiane oggi
Dopo aver visto mega aziende italiane migrare tutto nel “cloud”, eliminando i tecnici sistemisti più o meno importanti, più o meno qualificati, ma che ogni giorno lottavano per la propria azienda, mantenevano sistemi, si aggiornavano dal punto di vista professionale e proponevano le loro soluzioni nel breve e medio periodo, non di rado si apprende che oggi quelle stesse aziende si lamentano che non possono essere competitive e che gli strumenti che hanno le tengono prigioniere di logiche di mercato dirette o indirette, senza più sapere quanto sono esposti alla volontà di privati che neanche conoscono.
Riprendersi la propria identità digitale è una chiave fondamentale per la svolta economica di una azienda e di uno stato.
Mi è capitato di leggere titoli spaventevoli come: ”violate le caselle di posta del ministro o del direttore”, in realtà violare una casella di posta tante volte non serve neanche.
Chi è del mestiere sa benissimo come e dove leggere le email di altri se vuole. Vero non è legale, ma chi sa come fare ha il vantaggio di conoscere informazioni prima degli altri.
Cosa pensereste se vi proponessero, prima di una compravendita aziendale, di sapere se questa avviene o meno, le cifre in gioco e magari gli attori con le loro offerte?
Magari potreste comprare delle azioni o vendere le azioni di vostra proprietà in anticipo rispetto al mercato.
Ecco questo è un esempio banale di come funziona in verità.
Oppure vi piacerebbe poter leggere che il vostro socio sta tramando qualcosa per mettervi con le spalle al muro e lasciare la società?
Ricordate il film una Poltrona per 2? AI millenials che se lo sono perso consiglio di vederlo, è molto divertente, datato ma sempre attuale.
Da lì scoprirete che sapere in anticipo come è andato il raccolto delle arance ti fa diventare milionario o perderete tutto.
Ecco inconsciamente cosa permettiamo di fare ai big player del mondo digitale con i nostri dati.
Sapere certe cose significa saper scegliere lo strumento più opportuno.
Pensate ai vostri documenti, contratti, brevetti salvati nel cloud dove il gestore può tranquillamente accedere senza il vostro consenso, dico cose a cui stentate forse a credere vero?
Leggetevi il cloud act americano, e scoprite a che dati si può avere accesso in nome della sicurezza, in barba alle leggi europee (GDPR in primis).
Il cloud e la sovranità digitale
Ci hanno venduto il cloud come un mezzo per avere sempre tutto a portata di mano e per risparmiare sui sistemisti e sui sistemi da mantenere, ma nessuno ha pensato che il cloud non è un’entità senza scopo di lucro che esiste solo per il bene dell’umanità.
Il cloud, lo abbiamo sempre detto, è solo il computer di un altro messo a disposizione.
Parlando a nome di ITServicenet, mi ricordo di riunioni di CDA dove nessuno capiva il motivo delle nostre proposte e dei termini tecnici affrontati per spiegare le peculiarità e la necessità di implementare certe soluzioni, dato che nessuno aveva mai parlato loro del tal prodotto, marca, moda fino a quel giorno questi non esistevano e dunque non sembravano interessanti.
Sinceramente sono contento di essere stato scartato per scelte “migliori” in alcune occasioni. Come ditta abbiamo risparmiato tempo e fatica a seguire il sordo muto autoimposto, che non vuole né vedere né sentire, anche se ne avrebbe facoltà.
L’economista Cristina Caffarra presente all’ultimo Nextcloud Summit ha parlato bene, non ha dato soluzioni ma ha spiegato cosa è la sovranità digitale con parole lapidarie.
Sovranità digitale, un’altra parolona che va approfondita e capita.
Sono le aziende che devono rendersi conto che il “cloud” sono loro stessi, perché è lì che mettono i loro dati e che quindi devono scegliere e non essere succubi della pianificazione industriale di stati esteri.
Cina, Russia e USA sono sul pezzo. Perché noi italiani ed europei non ci pensiamo?
La vostra azienda quanto è esposta ai servizi di terze parti?
Di recente la Russia è stata tagliata fuori drasticamente, ma non è affatto morta digitalmente, è evoluta.
Il “cloud” 365 se lo sono fatti da soli da mo, indipendenza acquisita. E ve ne parlo per conoscenza diretta.
Se penso che i nostri politici parlano di usare Starlink per la difesa…. vabbè esco dal seminato.
Il nostro invito
Il nostro compito è quello di dire ad alta voce quello che pensiamo e quello che siamo in grado di fare, e magari farvi riflettere sull’attualità ed aiutarvi a scegliere tra le tante soluzioni esistenti, pescando tra quelle che noi abbiamo già provato, adottato, personalizzato e gestito in totale trasparenza.
Capire quanto si è esposti alla dipendenza digitale e da parte di chi, quali strade sono percorribili e quali sono i vantaggi o svantaggi di una scelta o dell’altra.
Non è una strada facile , non è mai facile se deve essere una scelta vera, consapevole e profittevole.
Non trovo la pepita d’oro comprandola su Amazon, devo andare a cercare un terreno geologicamente adatto, quindi valutare quello che statisticamente è più promettente, investire in persone e strumenti che mi possano aiutare ed infine devo scavare!
Solo dopo tutto questo potrò dire di aver fatto o meno la scelta giusta.
Tutto è nelle nostre mani, se lo vogliamo.
Andare a scavare dove mi indica la IA di un concorrente pagando il servizio e scoprendo che quel posto è stato magari già venduto a tanti altri come noi non porta a nulla di utile, se si trascura l’utile del venditore del servizio di IA.
L’invito finale dunque è quello di provare a ragionare in questi termini e per chi è interessato, sentiamoci.
Ing. Bolgia Alessandro
Fonti e riferimenti utili:
https://www.startmag.it/spazio-e-difesa/perche-ai-militari-italiani-serve-starlink/
Dr. Cristina Caffarra – Economist, Antitrust expert – https://cepr.org/about/people/cristina-caffarra